TRUST _ TASSA FISSA PER ATTO DISPOSITIVO Cassazione n. 975 del 18 GEN 2018

TRUST _ TASSA FISSA PER ATTO DISPOSITIVO Cassazione n. 975 del 18 GEN 2018

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TRUST e IMPOSTA FISSA
CORTE DI CASSAZIONE 2018
Sentenza 17 gennaio 2018, n. 975
Fatti di causa
La controversia promossa da L. B., in qualità di trustee e disponente, nonché da D. G., in qualità di guardiano del Trust G., nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta suppletiva di registro, ipotecaria e catastale, relativamente all’atto di trasferimento di un fabbricato, a rogito del notaio De S., stipulato il 12/2/2003 e registrato il 3/3/2003, è stata definita con la sentenza in epigrafe, recante l’accoglimento dell’appello erariale e, per l’effetto, la riforma della decisione di primo grado, che aveva invece annullato il provvedimento impositivo.
La C.T.R. del Lazio rileva che, nel caso di specie, “si è in presenza di un trasferimento di proprietà non sottoposto ad alcun obbligo di amministrazione, corretta gestione e restituzione in un tempo prefissato”, per cui “mancano … tutti gli elementi per l’individuazione di un negozio fiduciario che è proprio della nozione di trust”, e che “va quindi applicato all’atto di trasferimento in esame l’art. 9 della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131/86 che tassa nella misura proporzionale del 3%” siffatta tipologia di negozi.
Le contribuenti ricorrono per ottenere la cassazione della sentenza con cinque motivi, cui l’intimata Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Motivi della decisione
Le ricorrenti deducono, con il primo motivo di impugnazione, in relazione all’art. 360 c. p.c., n. 3, violazione degli artt. 53, comma 2, e 22, comma 2, 61, D.Lgs. n. 546 del 1992, inammissibilità dell’appello, notificato a mezzo del servizio postale, per omesso deposito della copia dell’atto notificato presso l’Ufficio di segreteria della C.T.P. di Frosinone, questione rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, con il secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione degli artt. 53, comma 2, e 22, comma 2, 3, D.Lgs. n. 546 del 1992, inammissibilità dell’appello, in quanto la parte appellante deve rendere la dichiarazione di conformità dell’atto depositato presso la Commissione adita rispetto a quello notificato a mezzo posta, e nel caso di specie tale adempimento effettuato dall’Ufficio, questione anch’essa rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, con il terzo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in quanto la C.T.R. ha ritenuto l’esistenza di un “trasferimento di proprietà non sottoposto ad alcun obbligo di amministrazione, corretta gestione e restituzione in un tempo prefissato”, senza che fosse stato depositato in giudizio il relativo atto, a rogito del notaio De S., costituente il presupposto della pretesa impositiva, sicché si tratta di una motivazione apparente, del tutto disancorata dalla fattispecie concreta, con il quarto motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione degli artt. 1, comma 2, e 7, comma 1, D.Lgs. n. 546 del 1992, e del principio dispositivo delle prove, in quanto anche nel processo tributario il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti, con il quinto motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione degli artt. 23 Cost., 20, d.P.R. n. 131 del 1986, 9 e 11 tariffa, parte prima, d. P.R. n. 131 del 1986, in quanto il trasferimento degli immobili dal Trust G. al Trust H.L.C., e per esso al trustee s.r.l. Beni stabili Trust.
Company, in esecuzione dello scopo del trust, non comporta un corrispondente arricchimento del patrimonio del trustee, e che se, ai sensi dell’art. 20, D.P.R. n. 131 del 1986, disposizione richiamata dall’Ufficio, l’imposizione deve avere riguardo alla intrinseca natura ed agli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo, allora non può non assumere rilievo decisivo la circostanza che si tratta di un atto con effetto di segregazione di beni e che il trustee non è il destinatario finale degli stessi.
La prima censura va disattesa in quanto la copia dell’atto di appello dell’Agenzia delle Entrate, notificato a mezzo del servizio postale, risulta depositata in data 19/12/2007, presso la segreteria della C.T.P. di Frosinone che ha pronunciato la sentenza impugnata, per cui il gravame non è inammissibile, ai sensi dell’art. 53, comma 2, seconda parte, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (nel testo modificato dall’art. 3 bis del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, in Legge 2 dicembre 2005 n. 248).
La seconda censura va disattesa in quanto, in tema di contenzioso tributario, l’art. 22, comma 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992 – richiamato, per il giudizio d’appello, dal successivo art. 53 – va interpretato nel senso che costituisce causa di inammissibilità del ricorso o dell’appello non la mancanza di attestazione, da parte del ricorrente, della conformità tra l’atto depositato e quello notificato, ma solo la loro effettiva difformità, accertabile d’ufficio in caso di omissione dell’attestazione (Cass. n. 27494/2014).
Le censure contenute nel terzo, quarto e quinto motivo di ricorso, scrutinabili congiuntamente in quanto strettamente connesse, vanno accolte per le ragioni di seguito riportate.
Assumono le ricorrenti che l’atto di trasferimento degli immobili per cui è causa, per rogito del notaio De S., tra il Trust G., in persona della B., disponente, e della G., nella qualità di guardiano, ed il Trust H.L.C., e per esso al trustee s.r.l. Beni stabili Trust Company, è stato stipulato “in esecuzione dello scopo del Trust G.”, e che si tratta di negozio giuridico sussumibile nella fattispecie prevista dall’articolo 2 della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, ratificata dalla Legge 16 ottobre 1989, n. 364, l’unica applicabile non esistendo all’epoca una disciplina nazionale dell’istituto (l’imposta sulla costituzione dei vincoli di destinazione è stata introdotta dall’art. 2, comma 47, D.L. n. 262 del 2006), in ragione dell’obbligo per il trustee di custodia dei beni caduti in trust, i quali, per effetto della segregazione, sono rimasti distinti e separati da quelli del trustee e del disponente.
Pertanto, il regime di tassazione di tale atto non può essere quello dell’imposta proporzionale di cui agli artt. 1 (atti traslativi a titolo oneroso), 9 (atti diversi, aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale), e 3 (atti di natura dichiarativa) della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, ma quello della categoria residuale, disciplinata dall’art. 11 della tariffa stessa, con conseguente applicabilità, nella specie, dell’imposta nella misura fissa ivi indicata.
Affermano ancora le ricorrenti (cfr. controdeduzioni con appello incidentale) che l’atto istitutivo del Trust G., all’art. 6, stabilisce chi sono i beneficiari, e le quote a ciascuno di essi spettanti, disciplinando anche il caso di loro mancanza o premorienza, nonché, all’art. 9, il momento di inizio della distribuzione dei beni, per cui sarebbe una forzatura anticipare imposizione fiscale al trasferimento verso il trustee, dovendo viceversa farsi riferimento al rapporto tra disponente e beneficiario, al momento cioè dell’attribuzione dei beni ai beneficiari, perché è in quel momento che il trasferimento dei beni medesimi, indice dalla capacità contributiva, diviene effettivo e definitivo.
La contraria soluzione sostenuta dall’Amministrazione finanziaria, anche nei documenti di prassi, si basa sull’argomento che il passaggio di proprietà dei beni o diritti dal settlor al trustee configura un vero e proprio atto dispositivo a contenuto patrimoniale, carattere che non è escluso dalla mancanza del requisito della onerosità e che giustifica la pretesa impositiva, trovando applicazione l’imposta di registro in misura proporzionale, sulla base delle aliquote stabilite per i singoli beni trasferiti. Questa Corte ha avuto modo di osservare che “L’art. 9 della tariffa, parte I, rappresenta una clausola di chiusura finalizzata a disciplinare tutte le fattispecie fiscalmente rilevanti, diverse da quelle indicate nelle restanti disposizioni, purché però onerose, e in questo specifico senso aventi un contenuto patrimoniale. Questo è del tutto ovvio perché la norma non può essere intesa in modo dissociato dal contesto dell’art. 43, I ° comma, del d.P.R. n. 131 del 1986, che fissa la base imponibile dell’imposta prevedendola (v. lett. h), per le “prestazioni a contenuto patrimoniale”, nell’ammontare “dei corrispettivi in denaro pattuiti per l’intera durata del contratto”. Il che rappresenta limpida dimostrazione del fatto che, ai sensi dell’art. 9 della tariffa, la prestazione “a contenuto patrimoniale” è la prestazione onerosa.” (Cass. n. 25478/2015).
Alla luce del principio che precede, quindi, è errata l’affermazione dell’Agenzia delle Entrate per cui il trasferimento dei beni in trust, pur non avendo natura onerosa, deve ritenersi operazione di carattere patrimoniale, come tale comunque assoggettabile, sin da subito, ad imposta, nella misura proporzionale del 3% ex art. 9 della tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986.
Quanto detto vale anche per le imposte ipotecaria e catastale, giacché va ricordato che l’atto soggetto a trascrizione, ma non produttivo di effetto traslativo in senso proprio (id est, definitivo), postula l’applicazione di dette imposte in misura fissa (art. 1 del D.Lgs. n. 347 del 1990 e 4 dell’allegata tariffa, quanto all’ipotecaria; art. 10, comma 2, del D.Lgs. cit., quanto alla catastale).
Orbene, nella sentenza impugnata, a confutazione della tesi sostenuta delle contribuenti circa l’applicabilità dell’art. 11 della tariffa si attribuisce decisivo rilievo alla insussistenza, nella fattispecie negoziale de qua, di un passaggio di beni o diritti (trust fund), dal disponente (settlor), sotto il controllo di un <<amministratore>> (trustee), al fine di gestirli nell’interesse di uno o più beneficiari (beneficiaries) in ragione del perseguimento della finalità istitutiva del Trust G., stante la mancata previsione, in capo al dichiarato trustee, di un “obbligo di restituzione in un tempo prefissato” della dotazione patrimoniale, costituita da beni immobili, in grado di manifestare la natura interinale degli effetti traslativi, l’effetto di segregazione degli stessi beni per la realizzazione della predetta finalità, il carattere propriamente fiduciario dei compiti assunti dall’ <<amministratore>>, in conformità della volontà espressa dal disponente.
Com’è stato precisato da questa Corte, “l’interpretazione del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione, oltre che per violazione delle regole ermeneutiche, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per inadeguatezza della motivazione, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione antecedente alla novella di cui al D.L . n. 83 del 2012, oppure – nel vigore della novellato testo di detta norma – nella ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti.” (Cass. n. 14355/2016).
E la motivazione della sentenza impugnata si appalesa censurabile in quanto la soluzione offerta alla questione fiscale, che necessariamente involge l’interpretazione
del contratto tassato, così come l’accertamento e la valutazione della natura onerosa o meno della prestazione in esso dedotta dalle parti contraenti, si basa sulla rilevata assenza di pattuizioni concernenti l’assunzione, da parte del trustee (Beni Stabili Trust s.r.l. trustee di H.L.C. Trust) degli obblighi di amministrazione e di ritrasferimento dei beni in questione, e dunque sulla ritenuta assenza di transitorietà del trasferimento medesimo, profilo quest’ultimo che indefettibilmente caratterizza lo schema negoziale del trust, ed in ragione del quale l’atto si può considerare non immediatamente produttivo di effetti traslativi in senso proprio, dal momento che sono tali solo quelli finali, costituenti il presupposto dell’imposta di registro, prima mancando l’elemento fondamentale dell’attribuzione definitiva dei beni al soggetto beneficiario.
Il trasferimento dei beni al trustee avviene, infatti, a titolo gratuito, non essendovi alcun corrispettivo, ed il disponente non intende arricchire il trustee, ma vuole che quest’ultimo li gestisca in favore dei beneficiari, segregandoli per la realizzazione dello scopo indicato nell’atto istitutivo del trust, per cui l’intestazione dei beni al trustee deve ritenersi, fino allo scioglimento del trust, solo momentanea.
La decisione impugnata, tuttavia, si riduce ad una serie di affermazioni apodittiche, che costituiscono motivazione apparente, atteso che il Giudice di appello non spiega sulla base di quali elementi concreti abbia ritenuto il trasferimento dei beni per cui è causa non riconducibile allo schema negoziale del trust, mancando qualsivoglia riferimento alle pattuizioni esaminate, avuto riguardo sia al contratto di cui al rogito del notaio De S., sia alla scrittura privata, autenticata nelle firme, istitutiva del Trust G., documenti cui pure si fa cenno negli scritti difensivi.
Va considerato, inoltre, che la fattispecie in esame ratione temporis non è disciplinata dall’art. 2, commi 47 e 49, D.L. n. 262 del 2006, convertito con modificazioni dalla L. n. 286 del 2006, che reintroducendo l’imposta sulle donazioni e successioni (viene espressamente richiamato il D.Lgs. n. 346 del 1990) assoggetta all’ imposta anche la “costituzione di vincoli di destinazione di beni”.
Devono essere, in conclusione, accolti i suesposti motivi di ricorso, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio della causa alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, la quale provvederà a porre rimedio al rilevato difetto motivazionale, applicando i principi che precedono, e regolamenterà le spese della presente fase del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso, rigetta il primo ed il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

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